Articolo Cucina Alimentazione
Menù Etnico – i cibi di Atlantide – parte 3 freccelunedì 2 settembre 2013      


Tsike mi disse che la parte successiva era per lui la più piacevole; il primo vero e proprio cibo di Atlantide. Quando me lo comunicò mi era già venuto un certo languorino, quindi veder preparare questi tortini di mais, carne e verdure, fu una piacevole tortura: non vedevo l'ora di metterli sotto i denti. Naturalmente molti degli ingredienti che mi disse sono “modernizzati” in modo da permettere a chiunque nei giorni nostri di riprodurli. Il nome Atlatideo di queste specialità gastronomiche era Sweòn; molteplici erano i suoi ingredienti nelle diverse forme in cui veniva proposto.

Molto importante era anche la sua presentazione, poiché i pasti per la tribù dei Cohei erano un momento di ritualità quasi religioso. Lo Swèon era il più comune e anche il più semplice da preparare, veniva cotto su grandi falò dalle donne del villaggio e servito, a seconda delle occasioni, nei modi più diversi. Tre le tipologie principali di queste torte: la prima per banchetti di benvenuto al territorio, la seconda per il ringraziamento agli amici e la terza per l'addio.
  1. Sweòn Tikamuni (Torta del buongiorno alla terra) – viene preparato alcune ore prima un impasto di farina di mais, di segale, sale e un pizzico di zucchero (sostanza dolce ricavata dalla barbabietola non certo raffinata come quella di oggi). Vi si triturano dentro foglioline di menta e mandorla in scaglie. Si lascia riposare in un luogo sufficientemente umido e fresco (alle origini bastava sotto l'ombra di un albero in prossimità di un corso d'acqua o, se si trovavano nel deserto, dentro buche coperte da teli di juta). Con questo intruglio, abbastanza morbido e oleoso, si preparano dei dischi che vengono appena scottati (ai tempi, su grandi lastre di ardesia). Una volta pronti, vengono lasciati raffreddare e intanto viene preparato un piatto con carne di cervo o, all'occorrenza di manzo (fatto da piccoli pezzetti totalmente puliti dal grasso) e melanzane a tocchi. Questa specialità veniva mischiata dai Cohei dentro enormi gusci di tartaruga che si portavano dietro da tempi immemori, probabilmente dalle stesse Hawaii; poi cotte dentro contenitori in metallo grezzo. A quasi fine cottura si aggiungono fettine di zucchine (che rimarranno semi-crude), peperoncino in quantità più o meno elevata a seconda dell'età dei commensali (più giovani erano e più lo volevano piccante!) e per concludere, quando la cottura è ultimata, finocchi freschi. Una volta preparato il tutto, lo Sweòn Tikamuni veniva servito con bellissimi fiori inseriti nelle parti più esterne del disco e si mangiava utilizzando come cucchiai delle foglie di carciofo, buone da mordicchiare dopo il boccone e, data la spina finale, utili per infilzare la carne.
  2. Sweòn Tupmayè (Torta del cammino insieme) – La preparazione del disco, sopra il quale mangiare è la stessa del Tikamuni a parte il fatto che, invece di metterci menta e mandorle, veniva inserito un impasto di rosmarino, anice e nocciole. Viene cotta un gran quantità di carne d'agnello che viene mischiata con peperoni crudi, latte di capra insieme a olio di semi di girasole. La particolarità di questo piatto sono le scaglie di cacao amaro che vengono fatte piovere sulla specialità subito prima di servirla. Questa è la ricetta base, molto colorata e pittoresca. Ad arricchire il tutto, in caso di matrimonio o di rituali particolari di fratellanza, venivano aggiunti petali di rosa e zenzero triturati insieme. Attorno al disco di mais e segale venivano posizionati, invece dei fiori, acini d'uva, che venivano spilluzzicati tra un boccone e l'altro. Come posata, anche in questo caso si utilizzava la foglia di carciofo me ne veniva tolta la punta, ritenuta troppo aggressiva per questo genere di banchetti. Nel caso degli eventi più importanti, i fiori venivano messi sul capo degli invitati e,per scaramanzia,si diceva non dovessero toccare in alcun modo la tavola (come gli Dei, dovevano rimanere in aria)
  3. Sweòn Rukunù (Torta del viaggio lontano) – Il disco veniva preparato con mais e segale unendo della cannella in polvere e dei semi di finocchio (in questo caso solo col sale). In questa torta veniva inserita della carne di toro insieme a rabarbaro, barbabietola cruda messa a macerare con limone, timo e maggiorana e lo stesso impasto di olive e foglie aromatiche utilizzato per il vino Citwè Yoykun (abbandono degli alberi antichi – vedi parte 2). Il colore che ne deriva è molto inquietante e adatto all'occasione; in genere questo piatto veniva servito durante funerali o quando frange della tribù si staccavano cercando nuove frontiere. Ad adornare i piatti non erano previsti fiori, invece, foglie di ogni genere.
Tsike mangiò insieme a me da tutti e tre i dischi di mais e segale che, assaggiati a loro volta dopo la carne, rivelarono sorprendentemente un sapore squisito. Non seguimmo passo passo tutte le tradizioni ma, sicuramente, feci un passo in più per comprendere i cibi di Atlantide e cioè come persone vissute migliaia di anni fa stuzzicavano le loro papille gustative. ©  RIPRODUZIONE RISERVATA

Simone  Balduzzi - vedi tutti gli articoli di Simone  Balduzzi



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Tsike mi disse che la parte successiva era per lui la più piacevole; il primo vero e proprio cibo di Atlantide. Quando me lo comunicò mi era già venuto un certo languorino, quindi veder preparare questi tortini di mais, carne e verdure, fu una piacevole tortura: non vedevo l'ora di metterli sotto i denti. Naturalmente molti degli ingredienti che mi disse sono “modernizzati” in modo da permettere a chiunque nei giorni nostri di riprodurli. Il nome Atlatideo di queste specialità gastronomiche era Sweòn; molteplici erano i suoi ingredienti nelle diverse forme in cui veniva proposto.

Molto importante era anche la sua presentazione, poiché i pasti per la tribù dei Cohei erano un momento di ritualità quasi religioso. Lo Swèon era il più comune e anche il più semplice da preparare, veniva cotto su grandi falò dalle donne del villaggio e servito, a seconda delle occasioni, nei modi più diversi. Tre le tipologie principali di queste torte: la prima per banchetti di benvenuto al territorio, la seconda per il ringraziamento agli amici e la terza per l'addio.
  1. Sweòn Tikamuni (Torta del buongiorno alla terra) – viene preparato alcune ore prima un impasto di farina di mais, di segale, sale e un pizzico di zucchero (sostanza dolce ricavata dalla barbabietola non certo raffinata come quella di oggi). Vi si triturano dentro foglioline di menta e mandorla in scaglie. Si lascia riposare in un luogo sufficientemente umido e fresco (alle origini bastava sotto l'ombra di un albero in prossimità di un corso d'acqua o, se si trovavano nel deserto, dentro buche coperte da teli di juta). Con questo intruglio, abbastanza morbido e oleoso, si preparano dei dischi che vengono appena scottati (ai tempi, su grandi lastre di ardesia). Una volta pronti, vengono lasciati raffreddare e intanto viene preparato un piatto con carne di cervo o, all'occorrenza di manzo (fatto da piccoli pezzetti totalmente puliti dal grasso) e melanzane a tocchi. Questa specialità veniva mischiata dai Cohei dentro enormi gusci di tartaruga che si portavano dietro da tempi immemori, probabilmente dalle stesse Hawaii; poi cotte dentro contenitori in metallo grezzo. A quasi fine cottura si aggiungono fettine di zucchine (che rimarranno semi-crude), peperoncino in quantità più o meno elevata a seconda dell'età dei commensali (più giovani erano e più lo volevano piccante!) e per concludere, quando la cottura è ultimata, finocchi freschi. Una volta preparato il tutto, lo Sweòn Tikamuni veniva servito con bellissimi fiori inseriti nelle parti più esterne del disco e si mangiava utilizzando come cucchiai delle foglie di carciofo, buone da mordicchiare dopo il boccone e, data la spina finale, utili per infilzare la carne.
  2. Sweòn Tupmayè (Torta del cammino insieme) – La preparazione del disco, sopra il quale mangiare è la stessa del Tikamuni a parte il fatto che, invece di metterci menta e mandorle, veniva inserito un impasto di rosmarino, anice e nocciole. Viene cotta un gran quantità di carne d'agnello che viene mischiata con peperoni crudi, latte di capra insieme a olio di semi di girasole. La particolarità di questo piatto sono le scaglie di cacao amaro che vengono fatte piovere sulla specialità subito prima di servirla. Questa è la ricetta base, molto colorata e pittoresca. Ad arricchire il tutto, in caso di matrimonio o di rituali particolari di fratellanza, venivano aggiunti petali di rosa e zenzero triturati insieme. Attorno al disco di mais e segale venivano posizionati, invece dei fiori, acini d'uva, che venivano spilluzzicati tra un boccone e l'altro. Come posata, anche in questo caso si utilizzava la foglia di carciofo me ne veniva tolta la punta, ritenuta troppo aggressiva per questo genere di banchetti. Nel caso degli eventi più importanti, i fiori venivano messi sul capo degli invitati e,per scaramanzia,si diceva non dovessero toccare in alcun modo la tavola (come gli Dei, dovevano rimanere in aria)
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Tsike mangiò insieme a me da tutti e tre i dischi di mais e segale che, assaggiati a loro volta dopo la carne, rivelarono sorprendentemente un sapore squisito. Non seguimmo passo passo tutte le tradizioni ma, sicuramente, feci un passo in più per comprendere i cibi di Atlantide e cioè come persone vissute migliaia di anni fa stuzzicavano le loro papille gustative. ©  RIPRODUZIONE RISERVATA

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